Un post ci salverà (forse)

Solo pochi giorni fa ho pubblicato un pezzo sulla quasi totale mancanza di una effettiva e moderna comunicazione da parte dei nostri club.

Una comunicazione che, dal mio punto di vista, dovrebbe avere le capacità di incuriosire se non di invogliare chi di golf sa poco o niente, o quel poco che sa è che trattasi di stupido giochino per ricchi e viziati.

Come immagino sappiate, oggi sono per lo più i giovani, gli smanettoni compresi nella fascia dei 20/30enni, i veri esperti della nuova comunicazione.

Nel 2019, nel mondo dell’internet e del cancelletto che tutto apre, non servono grandi cifre da stanziare per la promozione di un qualsivoglia soggetto/oggetto (in questo caso potrebbe essere il golf in generale o piuttosto un club privato); piuttosto, al fine di ingaggiare follower e dunque potenziali swingatori, sono necessari freschezza di linguaggio, capacità di intercettare i nuovi trend, abilità nel maneggiare gli algoritmi dei social, conoscenza e utilizzo degli hashtag giusti, e via andare.

Ora. I giovani sanno farlo. Quelli diversamente giovani, meno. Anzi: molto meno. Ed è qui che casca l’asino (e son dolori per tutti).

Sfogliando le cifre dei tesserati italiani, ho trovato che alla fine del 2018, su 91.165 tesserati, 76.208 erano dotati di un qualsivoglia handicap di gioco. Di questi, 56.871 (il 73%) erano seniores.

Di questi 56mila e passa, 29.168 erano superseniores: calcolatrice alla mano, si tratta del 38% del totale dei tesserati.

Senza nulla togliere a questa enorme fascia di golfisti ai quali il golf italiano deve moltissimo ogni giorno e che dunque non smetterò mai di ringraziare per la loro presenza e passione, mi rendo però conto che in stragrande maggioranza si tratta (come me, per altro) di migliaia di nativi cartacei che, ahimè, vivono in un mondo in cui la carta (purtroppo) non la sfoglia quasi più nessuno.

Si tratta di migliaia di nativi cartacei la cui massima idea di comunicazione si ferma a quelle polverose pagine promozionali che vedo ovunque nelle riviste di settore, buone magari a strappare qualche golfista al club vicino, ma non a creare nuovi giocatori. E mi rendo altresì conto che da anni, forse da sempre, buona parte dei Consigli che reggono le sorti dei nostri circoli è in mano a questi stessi nativi cartacei.

Ora. Per sillogismo aristotelico, o più semplicemente facendo 1+1, ne consegue la mia tesi di partenza: in Italia, nel mondo del golf, manca una corretta comunicazione. E, scusatemi il pessimismo, ma nel 2019, se non comunichi, sei destinato a scomparire.

Comments

2 Comments
  1. posted by
    Paolo Spada
    Nov 13, 2019 Reply

    Purtroppo concordo in tutto

  2. posted by
    Maurizio Barone
    Nov 17, 2019 Reply

    Buongiorno Isabella.
    Concordo purtroppo in toto con ciò che lei scrive. Di questo esiguo numero di praticanti, i Golf club, a colpi di partitelle e tornei se li strappano uno con l altro cercando di essere competitivi con gli sconti erodendo inesorabilmente un già piccolo guadagno. I Social? Tutti su Facebook che nn è certo il “luogo” dove cercare golfisti veri. Golfisti veri che sono invece massicciamente presenti all estero e che amano l Italia per quel straordinario territorio che possiede. E se si capisse di cambiare strategia puntando oltre oceano/confine valorizzando il tesoro che i Golf club hanno attorno?

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