Uscire dall’ansia della prestazione golfistica si può: ecco come

Ok: se state seguendo The Bogey Blonde, con tutta probabilità siete degli smazzatori seriali da week end.

Cioè, diciamocelo: non siete certamente dei Nicklaus e neppure degli Spiethati. E dimenticatevi di essere quei tipi da rodeo golfistico che non riescono a capacitarsi di come si possa giocare bene a golf se non si ha una tonnellata di pressione addosso.

Ho azzeccato? Si?

Ecco, allora siete dei banalissimi neurolabili dello swing.

Suvvia, siete come la sottoscritta: non c’è da vergognarsene. Voglio dire: la neurolabilità golfistica colpisce senza pietà il 90% della razza umana. Praticamente è virulenta come l’Ebola: non c’è scampo.

Ammettiamolo: non siamo gente che sul tee della 1 della garetta alla bandiera ha le farfalle nello stomaco.

Nossignore. Non noi.

Noi abbiamo uno stormo di condor incazzati e già in formazione da battaglia, pronto a gettarsi sul nostro cadavere di swingatore balengo alla prima X che caliamo sullo score.

Ecco chi siamo noi: degli ansiosi che l’ansia se la magnano insieme all’aria che respirano.

Siamo gente che già alla 12 deve slandronare la cintura dei pantaloni per la colite spastica e nervosa che sta facendo capolino dall’intestino che tanto tenue non lo è più, perché è dalla 9 che si è marmorizzato.

Siamo quelli che quando ci vien detto che l’adrenalina è la miglior benzina per la miglior prestazione, ecco, noi prendiamo fuoco immediatamente con un’autocombustione che non ha eguali nella storia della Marvel.

Siamo quei disgraziati costretti al peggior castigo golfistico: conoscere la propria volontà swingatoria e non essere in grado di eseguirla.

Eppure, raga, dalla gabbia isterica della neurolabilità golfistica si può uscire.

Sissignore.

Ce lo spiega un libro: “The Pressure Principle”, di Dave Alred, uno che con i suoi consigli ha aiutato Luchino Donald –mica pizza e fichi- a dominare il mondo tra il 2011 e il 2012.

Se non si è dei campioni del green con contratti milionari, cioè, se si è dei banali swingatori balenghi come noi, la prima cosa da fare, la più semplice, sostiene Alred, è resettare la postura.

Cioè: siccome l’ansia parte dal cervello e quindi arriva al corpo contraendoci i muscoli, aumentandoci il battito cardiaco e soprattutto dando spazio e speranza ai condor di cui sopra, e siccome poi la stessa ansia bastarda ritorna al cervello ripassando dal Via per ricominciare il suo giretto turistico, fracassandoci nel frattempo i maroni e lo score, ecco, in questi frangenti riuscire a controllare la nostra postura è il primo passo per stoppare questo infernale girone dantesco.

Quindi, raga, camminare eretti in campo tra un colpo e l’altro, col collo allungato, il mento in linea e le spalle rilassate, è il primo passo per non farsi dominare dall’ansia, ma anzi, per incanalare i nostri fiumi di adrenalina in calici da sorseggiare trionfanti alla 19sima buca, con la coppa in mano e non nelle solite giugulari isteriche.

Se non ci credete, la cronaca storica racconta che Luchino Donald abbia vinto a Wentworth nel 2012 solo stando attendo per 4 giorni a come camminare in fairway.

Dunque, mi raccomando: in campo siate eretti. Ma ancora non basta: bisogna anche che abbiate un’aria tosta di comando. Bisogna che vi focalizziate sul sentirvi “big”, grossi, perché la prima cosa che fa quella furbastra dell’ansia è farvi sentire piccoli e abbandonati al vostro destino.

Ricapitolando: sul tee della 1, spalle rilassate, collo allungato, mento in linea, schiena dritta, e aria da boss grasso che esce a comandare.

Chi lo sa: magari vedendoci come delle caricature del Marlon Brando del Padrino, i condor si metteranno paura. Perché, sapete che c’è? C’è che magari non è l’ansia che vince sempre e su tutto. C’è che magari siamo noi che ci arrendiamo sempre e troppo velocemente a troppe cose.

Meditate gente, meditate.

 

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